“Chi dice Palio dice Siena, chi dice Panforte dice Sapori”, così recitava una famosa pubblicità del passato per esprimere l’essenza di una comunità legata alle sue più grandi tradizioni, il Palio ed il Panforte.
Ogni anno, in Piazza del Campo, una tra le piazze più belle e celebri, il 2 luglio ed il 16 agosto si corre la corsa più affascinante al mondo. Ogni senese, o meglio ogni contradaiolo, rimane con il fiato sospeso in attesa di sapere chi vincerà o, come si dice a Siena, quale contrada sarà baciata dalla dea bendata. I giorni della festa sono magici per Siena: colori, profumi, atmosfere, ci riportano a quella che era la fastosità e la sontuosità di una città medioevale in festa.
Questa città racchiude in sé la potente centralità dell’energia umana che avvertirete tutta, e che vi accompagnerà in ogni parte della vostra gita. Il ”Popolo”, come viene chiamata a Siena la cittadinanza, ha un vero e proprio cordone ombelicale con la città, anche se un senese si è trasferito dall’altra parte del mondo non può fare a meno di sentire il legame e la voglia di ritornare nella sua città. Solo chi l’ha scelta per la sua unicità o ci è nato, può davvero sentire e capire.
Ma Siena non è solo Palio. Vi presento una capitale del periodo Medioevale talmente ricca ed internazionale da utilizzare nelle sue ricette della tradizione ingredienti e spezie provenienti da paesi lontani, proprio a testimonianza del suo ruolo centrale e dei suoi rapporti oltre confine. Alcuni esempi sono i famosi Ricciarelli ed i Cavallucci, oppure un dolce dalle virtù afrodisiache, così pensava la Siena un po’ più spregiudicata dell’epoca, come il Panforte. Tutte specialità da degustare lentamente ed a piccoli pezzetti così come dovrete godervi Siena… lentamente, andando a cercare e scoprire ogni piccolo angolo, ogni anfratto, per scovare particolari costruttivi unici, dettagli che entrano nello spazio visivo. Qui i vostri occhi si riempiranno di meraviglia di fronte alle piccole e grandi gemme. Una sorpresa continua, ad ogni angolo scorci bellissimi, panorami mozzafiato. Ha un fascino unico, tra le vie sembra di essere in un’altra epoca. È così straordinariamente bella che sembra quasi un set di un film, finché non camminate lungo le vie i vicoli lastricati e scoprite che è magnificamente reale. Sarete inebriati da questa città magica viva e vibrante.
Spesso mi ritorna in mente una frase di Giorgio Bocca: “Adagiata su tre colli Siena è ferma nel tempo e nello spazio come sotto una campana di vetro”. La sua bellezza senza tempo, piena di viuzze strette e piazze su cui sorgono edifici monumentali, merita sicuramente di essere visitata.
Oltre ad essere attraversata dalla via Francigena, una delle grandi vie della fede, è città natale di Santa Caterina da Siena al secolo Caterina Benincasa (Siena, 25 marzo 1347 –Roma, 29 aprile 1380). Dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e Compatrona d’Europa, rappresenta un fondamentale punto di riferimento in quanto a valori e tenacia. Sono proprio quei valori in cui lei credeva, testimoniati dalle sue lettere, 381 quelle conservate, che andrebbero riconsiderati, soprattutto in un momento storico come quello attuale, un modello per riportare Siena e l’Italia nella retta via.
Siena è bellezza del territorio, ma anche arte, uno scrigno ricco di meraviglie che non potete perdervi. Per farvi solo alcuni esempi partiamo con la visita della Cattedrale il cui pavimento secondo Giorgio Vasari è il “più bello…, grande e magnifico che mai fusse stato fatto”; potete proseguire ammirando due capolavori della pittura come la Maestà di Duccio di Buoninsegna, uno dei dipinti più importanti dell’arte pre -rinascimentale italiana, che si trova nel Museo dell’Opera del Duomo, e la Maestà di Simone Martini che sicuramente rappresenta un capolavoro dell’arte trecentesca italiana che si inserisce nel gotico internazionale, che si trova all’interno del museo civico di Palazzo Pubblico dove troverete anche un ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti risalente agli anni 1338-39 con l’Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, che racconta quali virtù dovrebbe avere un buon amministratore.
Siena, come tutti sanno, non è bagnata da alcun fiume, ma fu costruita un’estesa rete di acquedotti sotterranei, detti «bottini», molto suggestivi e visitabili su prenotazione, che serviva a portare acqua alla cittadinanza. La leggenda vuole che, nel silenzio, si sentisse il rumore dello scorrere dell’acqua, tipico di un fiume. Un fiume sotterraneo, la leggendaria Diana, cercato per oltre due secoli dal governo della città, e mai trovato. Vennero scavati pozzi, consultati astrologi, ma nessuno l’ha mai trovato e anche Dante Alighieri nella Divina Commedia, si burla dei Senesi scrivendo: “Tu li vedrai tra quelle gente vana / che spera in Talamone, e perderagli / più di speranza ch’a trovar la Diana; / ma più vi perderanno li ammiragli”.
Una simpatica leggenda narra che, all’epoca in cui si costruivano i bottini, capitava che gli operai adibiti al lavoro sotterraneo, detti «guerchi», fuggissero dai cunicoli, spaventati per aver visto alcune creature, gli omiccioli o fuggisoli, che si annidavano nel buio della terra. Ma i maligni spiegavano queste strane apparizioni col fatto che i guerchi venivano pagati in vino.
Siena è sempre stata legata alla sua Banca, il Monte dei Paschi di Siena, che nasce nel 1472 come Monte di pietà e nel 1654 cambia nome, quando le rendite dei pascoli (Paschi) della Maremma, vengono assegnati all’ente come garanzia: si tratta della più antica banca del mondo in attività. Non da meno è la storia della sua prestigiosa Università, nel 1240 venne fondata la Facoltà di medicina, una delle più antiche università di Italia.
“Siena, città dell’anima, città dello spirito”, come la definì Luzi, il poeta che visse a Siena dal 1927 al 1929, “Siena, così alla sua primavera si risveglia di quante mute e fragorose risse di uomini e bandiere, di che sfide, brighe, intese si ravviva la sua invitta ed armoniosa piena!”
Quindi taccuino, penna e macchina fotografica per fissare le emozioni e via.
La sua storia
Un’antica leggenda vuole che questa città sia stata fondata da Senio ed Aschio, figli di Remo, famoso fratello di Romolo, fondatore di Roma. A questa storia si deve l’iconografia della statua della Lupa intenta ad allattare i due gemelli, che è sparsa per tutta la città. Una piccola differenza però esiste la Lupa Senese guarda avanti, quella Romana a lato. Ma, come dicevamo, questa è solo una leggenda. È certo invece che Siena anticamente fu un piccolo villaggio etrusco, passato successivamente nelle mani dei Romani. Sviluppatosi negli anni seguenti come piccolo centro di scambi commerciali, Siena vide aumentare notevolmente la propria importanza con la crescente utilizzazione della Via Francigena, la strada percorsa da pellegrini e viandanti che collegava Roma alla Francia. Al governo della città si susseguirono Longobardi e Franchi, poi la gestione attiva della Chiesa tra i secoli IX e XI, fin quando i Senesi reclamarono il loro diritto a governare ed amministrare la loro città ed eressero un libero Comune.
La crescente potenza economica e militare della città dette vita ad inevitabili scontri tra Siena e Firenze, nel tentativo di espandere i loro territori. Furono numerose le battaglie fra le due città tra i secoli XIII e XV; sebbene Siena riuscì a conquistare qualche vittoria (come nella grande battaglia di Montaperti del 1260), fu Firenze a prevalere definitivamente nel ‘500 grazie al decisivo aiuto dell’impero spagnolo e Siena fu incorporata nel territorio e nell’amministrazione fiorentina.
Nonostante le dispute, all’esterno con i confinanti e all’interno per il governo, negli anni tra il 1150 ed il 1300 la città dette natali a grandi artisti e fu arricchita da meravigliosi monumenti, quali il Duomo, il Palazzo Pubblico e la Torre del Mangia.
Il nostro itinerario a Siena inizia alla Fortezza Medicea dalla quale potete ammirare tutta la città e le colline circostanti. Chiamata anche Forte di Santa Barbara, la Fortezza Medicea fu fatta costruire tra il 1561 e il 1563 da Cosimo de’ Medici, su disegno dell’architetto urbinate Baldassarre Lanci, precisamente nel luogo che aveva ospitato una fortezza spagnola, voluta da Carlo V nel 1548 e distrutta dai senesi nel 1552.
La Fortezza Medicea è un grande quadrilatero in mattoni, rafforzato agli angoli da quattro bastioni pentagonali. Sui fianchi della Fortezza, furono aperte le cosiddette “piazze basse”, per tirare al coperto i pezzi di artiglieria. Con questa imponente ed efficiente struttura militare, si affermava la volontà di dominio di Cosimo de’ Medici sulla città, decretando la fine dell’indipendenza della repubblica senese. Come a voler sottolineare ulteriormente il cambiamento, sui salienti di tre bastioni furono scolpiti in travertino gli stemmi del nuovo Signore e padrone di Siena. Alla fine del Settecento, la Fortezza fu smilitarizzata e dal 1937 è stata trasformata in giardino pubblico, luogo amato dai senesi per passeggio e jogging.
Nei sotterranei di uno dei bastioni aveva la sede la famosa Enoteca Italiana, nata nel 1933, dove si potevano degustare grandi vini d’Italia, oggi purtroppo chiusa. Diventata operativa con la prima Mostra mercato dei vini italiani, tipici e di pregio, era l’unica manifestazione di rilevanza nazionale dell’epoca. Con gli anni cinquanta diventò Ente Autonomo, a cui furono affidati i compiti di promozione e valorizzazione dei vini in Italia e all’estero. Alla metà degli anni sessanta l’Enoteca rinunciò per problemi finanziari e logistici alla Mostra mercato, che poi passò a Verona per diventare l’attuale Vinitaly. Le cantine associate toccarono le 600 unità, numerose le pubblicazioni di libri e dispense, tra cui l’Atlante dei Territori del Vino Italiano (2013) che descrive la mappa geografica della vitivinicoltura italiana.
Passeggiando lungo il perimetro della Fortezza potrete facilmente coglierne l’importanza strategica. A destra dal bastione San Filippo ammirate la montagnola senese, proseguite poi in direzione del bastione della Madonna che apre lo sguardo sul quartiere residenziale di Vico Alto, la villa bianca con gli archi, il Garden e più avanti la villa gialla, il Park Hotel, ex storico hotel senese oggi sede della GSK. Proseguendo vedrete di fronte a voi l’osservatorio dei Cappuccini, circondato dai cipressi e, sulla sinistra, la campagna senese in tutta la sua bellezza: l’intera val d’Arbia, la val d’Orcia fino al monte Amiata, un mare dove le onde sono le sinuose colline e la schiuma è data dalla miriade di cipressi sui crinali! E poi ecco Siena: se scrutate bene potrete vedere porta San Marco, l’imponente Duomo che sovrasta tutto quasi come se volesse proteggere la sua città, a sinistra in mattoni rossi la Basilica di San Domenico e dietro in lontananza la Torre del Mangia. Continuando verso il bastione San Domenico, vedrete sulla vostra destra la fontana e i giardini del quartiere di San Prospero, mentre sulla vostra sinistra, all’interno della fortezza, si colloca il teatro all’aperto, che in estate ospita anche suggestive proiezioni cinematografiche.
Lasciate poi la Fortezza e rimettetevi sul viale alberato per tornare verso piazza Gramsci. Da dove entrerete in via dei Malavolti fino a piazza della Posta, sulla sinistra della quale troverete il palazzo delle Poste Italiane e a destra la Camera di Commercio di architettura in stile anni ‘50. Proseguite in via del Paradiso, la via in discesa sulla destra della piazza.
Dinanzi a voi si ergerà maestosa la Basilica di San Domenico, dove potete entrare per una visita. L’edificio è stato ampliato e modificato molte volte nel corso della sua storia, iniziata nel 1226. A destra del portone principale, nell’altare della Cappella delle Volte, spicca un affresco di Andrea Vanni (1332-1414), artista contemporaneo di Santa Caterina, che può essere considerato l’unico vero ritrattista della Santa patrona di Siena. La Basilica conserva inoltre il tabernacolo, realizzato da Giovanni di Stefano nel 1466, che racchiude il reliquario contenente la testa di Santa Caterina.
La vasta cripta della Basilica, raggiungibile uscendo all’esterno e imboccando la via Camporegio, merita sicuramente una visita.
Proseguite per via Camporegio, da cui potrete anche godere di una splendida vista, perfettamente in sintonia con uno dei tanti scorci raccontati dallo scrittore senese Federico Tozzi in uno dei suoi romanzi. Entrate nel vicolo del Campaccio, poi a destra, facendo giusto qualche passo, trovate il Santuario di Santa Caterina. Cominciato a costruire pochi anni dopo la canonizzazione della Santa (avvenuta nel 1461, per opera di Papa Pio II Piccolomini), i lavori di trasformazione si sono succeduti nei secoli, fino agli anni ’40 del secolo scorso, quando fu realizzato il piazzale di ingresso detto Portico dei Comuni d’Italia. Nell’oratorio detto del Crocifisso si trova il miracoloso Crocifisso di stile bizantino da cui partirono le stimmate che colpirono Santa Caterina, nel 1375. L’episodio avvenne in Pisa, ma il Crocifisso è stato poi portato a Siena.
Il Santuario racchiude l’abitazione dalla Santa. Questa si affaccia sul vicolo del Tiratoio, dove si scorge un portale in pietra che presenta nell’architrave l’iscrizione “Sponsae Kristi Catherinae Domus” e che era l’ingresso originario al complesso Cateriniano fino al 1941. Dopo aver visitato l’Oratorio del Crocifisso e quello detto del Cucinone, dove si trovava un tempo la cucina della famiglia Benincasa, ripartite salendo per via della Galluzza e poi a sinistra per Piazza Indipendenza sede del Teatro dei Rozzi. Qui ammirate il passaggio della storia a Siena: la medievale torre dell’Orsa inglobata nelle architetture successive. Ripartite girando a destra per via di Città, che percorrerete in salita; sulla sinistra trovate l’Accademia Chigiana, e poi ai quattro cantoni a destra, prendete in direzione Duomo.
Il Duomo vi apparirà sontuoso, stagliato contro il cielo. Vanto di Siena, concepito come “il maggior monumento della cristianità”, il Duomo di Santa Maria Assunta è tra le più riuscite creazioni dell’architettura romanico-gotica italiana. La Cattedrale fu eretta nel luogo presso cui secondo la tradizione esisteva una chiesa fin dal IX secolo; la costruzione iniziò nel 1179, con la prima pietra che fu benedetta dal papa senese Alessandro III, e fu portata a termine solo alla fine del Trecento. Tra il 1258 e 1285 la direzione dei lavori fu affidata ai monaci Cistercensi di San Galgano, che chiamarono a Siena Nicola Pisano e suo figlio Giovanni.
All’inizio del Trecento Siena era al massimo della sua prosperità e le proporzioni della Cattedrale non apparvero più degne dello splendore della Repubblica. Si decise quindi di ricostruire una nuova e grandiosa Cattedrale, il Duomo Nuovo, di cui l’attuale chiesa sarebbe stata solo un transetto, cioè il braccio più corto di una Croce latina. Il progetto fu affidato a Lando di Pietro nel 1339. Ma la peste del 1348 e le guerre con le città vicine, fecero precipitare la situazione che da florida divenne critica, e l’ambizioso progetto fu definitivamente abbandonato. Ancor oggi rimane la testimonianza di quest’opera incompiuta, nel piazzale a lato della fiancata destra del Duomo.
Si tornò a lavorare sul duomo originario e nel 1376 fu affidata la costruzione della facciata superiore a Giovanni di Cecco; nel frattempo la cupola e il campanile erano già stati eseguiti. Nel 1382 si provvedeva al rialzamento delle volte della navata centrale e alla ricostruzione dell’abside: solo allora il Duomo poté considerarsi terminato.
Davanti al Duomo si trova un altro importante edificio: il Santa Maria della Scala. Sorto sulla via Francigena, proprio di fronte alla cattedrale, il Santa Maria della Scala costituì uno dei primi esempi europei di ricovero e ospedale, con una propria organizzazione autonoma e articolata per accogliere i pellegrini e sostenere i poveri e i fanciulli abbandonati. La sua istituzione si deve ai canonici del Duomo, anche se una leggenda medievale senese parla di un mitico fondatore, tale Sorore, calzolaio, morto nell’898.
Sulla destra, guardando la facciata, trovate l’Opera del Duomo, il museo che ha sede nei locali anticamente ricavati dalla chiusura di tre campate della navata destra del Duomo Nuovo. Il Museo contiene opere scultoree, pittoriche e frammenti architettonici provenienti dalla facciata e dagli interni del Duomo, nonché dal Battistero e da chiese ed oratori senesi e del territorio. Fra le opere più importanti si ricordano: un tondo di Donatello, dieci statue di Giovanni Pisano, un altorilievo di Jacopo della Quercia, soprattutto la grande tavola, dipinta su due facce, con la Maestà di Duccio Buoninsegna (1311), che un tempo ornava l’altare maggiore del Duomo. Dal museo si può accedere alla sommità della facciata del Duomo Nuovo – il cosiddetto Facciatone – da cui si domina tutta la città e le colline circostanti.
Proseguendo, scendete per la strada sotto lo splendido arco gotico in via Monna Agnese, e in fondo entrate in via dei Pellegrini, verso Piazza del Campo. Entrando dalla Costarella avrete una vista meravigliosa con il Palazzo Comunale di fronte. Spettacolare e molto scenografico può essere anche scendere il Chiasso del Bargello, che parte da via di Città, da qui, vedrete la Torre del Mangia in primo piano stagliarsi in cielo incorniciata nel vicolo.
Vi trovate in una delle più suggestive e scenografiche piazze italiane, simbolo dell’essenza stessa di questa città. Situata nel punto dove si uniscono le tre colline sulle quali sorge la città, Piazza del Campo era in antico la piazza del Foro. La sua caratteristica forma in discesa, a conchiglia, che dipende dall’antica necessità di consentire il deflusso delle acque piovane, fa di questa piazza un autentico anfiteatro, impreziosito di eccezionali opere d’arte, come i palazzi che lo circondano. Originariamente usato per fiere e mercati, “il Campo” – come lo chiamano i Senesi – divenne sede del governo cittadino con la salita al potere dei Nove (1283-1353 circa), a ricordo dei quali la pavimentazione a mattoni è intervallata da nove spicchi separati da strisce di travertino disposte a raggiera. Si dice che ogni spicchio rappresenti un’Arte dell’epoca, iniziando dalla curva del casato, 1° i setaioli, 2° lanaioli, 3° orafi, 4° ligrittieri, 5° speziali, 6° artieri, 7° ferrai, 8° lapidici, 9° pittori. Per conferire la massima armonia possibile alla Piazza, gli stessi palazzi che la proteggono furono costruiti secondo rigidi criteri di coerenza stilistica.
Questa piazza stupenda, ricordata anche da Dante nel canto XI del Purgatorio, fu descritta da scrittori e illustrata da artisti di tutti i tempi. Qui il popolo si riuniva ad ascoltare la voce dei suoi santi e a piangere le ultime ore della libertà cittadina nel 1555.
La parte più alta della piazza è arricchita dalla stupenda Fonte Gaia. Realizzata tra il 1409 e il 1419 dal grande scultore senese Jacopo della Quercia, la fontana ha la forma di un gran bacino marmoreo. L’opera originale è stata sostituita con una copia ottocentesca e trasferita nello Spedale di Santa Maria della Scala.
Sulla Piazza sorge tra l’altro anche Palazzo Sansedoni, maestosa mole in laterizi del 1216, sulla facciata curvilinea che segue l’andamento della piazza stessa, si trovano tre ordini di trifore. È il più notevole degli edifici presenti nella “conchiglia“.
L’edificio indubbiamente più importante della Piazza è il Palazzo Pubblico, il più grandioso tra i palazzi gotici della Toscana, che fu residenza della Signoria e del Podestà ed oggi sede del Comune. Un edificio solenne ed elegante che ospita tra l’altro anche il Museo Civico.
Accanto ad esso, come ad accrescerne la bellezza si trova la Torre Civica detta Torre del Mangia, così chiamata per il soprannome di di Giovanni di Balduccio, il campanaro che anticamente batteva le ore. Da sempre il popolo senese è solito chiamare con soprannomi ed epiteti cose o persone; non fu escluso da tale consuetudine il campanaro Giovanni, noto per i suoi sperperi e i suoi vizi legati soprattutto alla cucina. Tale fama gli valse il soprannome di “Mangiaguadagni” o, più semplicemente, “Mangia”.
La torre, simbolo di potere e di eleganza, fu iniziata dai fratelli Francesco e Muccio di Rinaldo nel 1325 e terminata intorno al 1348. La torre alta 87 metri e ben 102 fino al parafulmine, ospita una campana che nel corso dei secoli è stata più volte sostituita. I Senesi, chiamarono il “Campanone” con l’affettuoso soprannome di “Sunto”, perché, dedicata alla Madonna Assunta era la grande campana.
Con i suoi 102 metri di altezza, svettanti ed imponenti su Piazza del Campo, l’elegante e slanciata torre civica di Palazzo Pubblico è la terza più alta in Italia.
Anche Eugenio Montale rimase rapito dai cupi rintocchi di Sunto che, ogni volta che fa sentire la sua voce, annuncia eventi importanti e nel 1939 scrisse “Dalla torre cade un suono di bronzo: la sfilata prosegue fra tamburi che ribattono a gloria di contrade…e lo stupore che invade la conchiglia del Campo…”
La Torre del Mangia, pur partendo da una levatura del terreno più bassa, raggiunge la stessa altezza del Campanile della Cattedrale di Siena; questo per simboleggiare l’equilibrio tra il potere celeste e quello terreno, senza che nessuno dei due superi e si imponga sull’altro. In realtà il campanile del Duomo di Siena è alto solo 77 metri, ma essendo situato in posizione evidentemente rialzata rispetto alla torre, quando si ammira il profilo di Siena camminando lungo la via Francigena, l’impressione è che siano effettivamente della stessa altezza.
Sono 352 gli scalini per raggiungere la cella campanaria della Torre del Mangia da dove si può godere di un panorama magnifico irripetibile: tutta la città nella sua magnificenza per poi spaziare con l’occhio dalle colline del Chianti alla Val d’Arbia, dalle armoniose colline della Val d’Orcia ai rilievi boschivi della Montagnola Senese per poi sfumare sull’Appennino.
Secondo le leggende che si tramandano in città da secoli, le pietre ai 4 angoli della Torre del Mangia contengono monete portafortuna con incise lettere ebraiche e latine. Questa usanza era molto comune nel Medioevo e serviva per difendere le torri dai fulmini e da altre sventure.
La tradizione vuole che i giovani studenti universitari non possano salirvi fino al conseguimento dell’alto titolo di studio; non sarà certo difficile quindi incontrare tra le scale qualche ragazzo con la corona d’alloro sulla testa, simbolo del traguardo raggiunto.
Ai piedi della Torre, sorge la Cappella di Piazza, iniziata nel 1352, per un voto fatto nel periodo della terribile pestilenza del 1348, e completata da Giovanni di Cecco nel 1376. Proseguite a sinistra del Palazzo Comunale scendendo nel vicolo di Salicotto, in via di Pescheria scendete poi le scale e ammirate Piazza del Mercato. Siete alle spalle del Palazzo Comunale. Subito sotto la piazza si può vedere Porta Giustizia dove avvenivano le esecuzioni capitali. Di fronte potete ammirare un bellissimo edificio, una volta sede dell’Ospedale Psichiatrico e che adesso ospita una delle facoltà dell’Università di Siena e tutta la valle di campagna che penetra fin dentro le mura. Sulla sinistra in alto la Basilica dei Servi.
Da Piazza del Mercato uscite in fondo a destra per via dei Malcontenti e risalite a sinistra per via Salicotto, poi a destra sotto l’arco del vicolo della Manna e dopo due rampe di scale a sinistra avete la Sinagoga del ghetto. Proseguite nel vicolo sotto ad alcuni archi caratteristici e vi troverete alle Logge del Papa.
Le Logge del Papa, volute e fatte costruire dal pontefice umanista Enea Silvio Piccolomini (Pio II), furono realizzate intorno al 1462 dall’architetto e scultore senese Antonio Federighi, e si presentano come tre eleganti ed ampie arcate rinascimentali in travertino, sorrette da colonne con capitelli corinzi. Sul fregio dell’architrave campeggia l’iscrizione “PIUS II PONT MAX GENTILIBUS SUI PICCOLOMINEIS”.
Proseguite la vostra visita di Siena a sinistra per Banchi di Sotto, salendo trovate il Palazzo della Fondazione Monte dei Paschi di Siena. Girate a destra per Banchi di Sopra, il corso dello struscio dove i giovani si incontrano e dove si trovano alcuni dei negozi storici della città. Salendo per il corso a destra trovate il rinomato Bar Conca d’Oro Nannini, proseguendo incontrate Piazza Tolomei. Superato lo storico Palazzo di Pia dei Tolomei, continuando per il corso sulla vostra destra incrociate piazza Salimbeni, chiamata anche piazza del Monte poiché storica sede della Banca Monte dei Paschi di Siena. Il corso vi ricondurrà in Piazza della Posta.
Vi consiglio di visitare Siena sempre dopo le 17, quando la grande massa di turisti è ripartita; vedere Piazza del Campo al tramonto, con il Palazzo Comunale e la Torre del Mangia che sembra si illuminino e si accendano di un rosso particolare, come a restituire la luce ricevuta nel giorno, e che contrastano l’azzurro che piano piano scurisce, talmente i contorni sono definiti che sembra un diorama. Il Duomo, che si staglia tutto bianco contro il buio della notte, lascia dei ricordi e delle emozioni impagabili. Girare senza meta per i vicoli di Siena al tramonto o di notte è visitare un’altra città, godere appieno delle sue luci calde, particolari, intriganti, dei suoi angoli nascosti, dei chiari scuri, del suo silenzio carico di storia. Mentre passeggiate per Siena potrete respirare sempre un’aria magica, rilassata e eccitante al tempo stesso, di una città abbracciata dalla sua splendida campagna, ricca di storia e leggende che riaffiorano in ogni angolo. Camminando a Siena di notte sembra di rivivere il passaggio delle varie epoche e non ci vuole molta fantasia ad immaginare quel Rinascimento che ha visto grandi protagonisti pittori e scultori, che ha contribuito al rinnovamento ed alla bellezza che tutto il mondo ci invidia.
Il Palio
E’ sicuramente il caso di spendere qualche parola anche sul Palio di Siena, la nota competizione fra le contrade di Siena nella forma di una giostra equestre di origine medievale.
Qui il Palio è vita, non solo la contrada accompagna l’uomo in ogni sua fase della vita, ma potremmo dire che il Palio è la parodia della vita con le sue fortune e le sue tragedie, sempre pronto a stupirti ma soprattutto a far vibrare i cuori e, nessuno, neppure il visitatore più distaccato, riesce a restare indenne a questa magia.
La Carriera, come viene tradizionalmente chiamata la corsa dei cavalli, si svolge normalmente due volte l’anno: il 2 luglio si corre il Palio di Provenzano (in onore della Madonna di Provenzano) e il 16 agosto il Palio dell’Assunta (in onore della Madonna Assunta). Il Palio è ritenuto da molti la manifestazione e la festa storica più importante e rinomata del mondo.
Il Palio, non è solo una giostra di due giorni all’anno, ma è un rito “vivo”, carico di sogni e sensazioni; non è una festa “imbalsamata” nella quale si fa parodia del passato attingendo dalla gloriosa storia. Non è una manifestazione riesumata ed organizzata a scopo turistico. Il Palio è la vita di Siena e di ogni senese, e, come diciamo a Siena, “quando c’è la terra in piazza” il cuore sembra impazzire anche se la propria contrada non corre oppure ti trovi dall’altra parte del mondo.
Sono sensazioni uniche, che legano ogni senese, a prescindere dall’età o dall’estrazione sociale, un patrimonio di emozioni che viene tramandato di generazione in generazione e che rappresenta forse la vera unicità di questa festa.
Esso ha origini remote. Nel corso della storia il Palio ha subito molti cambiamenti all’interno della sua tradizione che non hanno, tuttavia, modificato la sua vera anima: dal Palio delle bufale, al Palio corso alla lunga, dalle “Cacce” con carri allegorici rappresentanti animali esotici fino agli attuali tre giri di Piazza fatti con i cavalli montati a “pelo”. Alcuni regolamenti sono ancora validi dalla metà del ‘600, quando si cominciò a correre il Palio “alla tonda”, con tre giri di Piazza del Campo.
Il territorio della città è diviso in diciassette quartieri, chiamati contrade, con dei confini stabiliti nel 1729 dal Bando di Violante di Baviera, Governatrice della città. Ogni contrada è come un piccolo stato, retto da un Seggio con a capo il Priore e guidato nella “giostra” da un Capitano, coadiuvato da due o tre contradaioli detti “mangini”. Possiede, entro il suo territorio, una Chiesa e la sede (museo) nella quale è gelosamente custodito tutto il suo patrimonio: cimeli, drappelloni delle vittorie, costumi della Comparsa – quelli in uso e molti di antica data – bandiere, archivio e tanto altro. Quasi tutte le contrade hanno poi una avversaria, generalmente confinante come territorio, detta nemica. La festa entra nel vivo la mattina del 29 giugno (per il Palio di luglio o di Provenzano) o quella del 13 di agosto (per il Palio di Agosto o dell’Assunta), durante la “tratta”, quando vengono scelti ed assegnati, per estrazione, i cavalli alle 10 contrade che corrono il Palio: iniziano così gli intensi quattro giorni di preparativi alla festa. Nei giorni successivi, fino al Palio, la mattina presto e nel tardo pomeriggio, si svolgono le “prove” in Piazza del Campo e i popoli festanti accompagnano il cavallo con canti tradizionali e propiziatori. Tutti cantano a “squarciagola”, indossando orgogliosi il fazzoletto della propria contrada, e si sistemano nei palchi assegnati alle varie contrade per vedere come si adatta la propria accoppiata (fantino e cavallo) alla Piazza. E’ bellissimo in questi giorni frequentare i bar e le osterie della città; tutti si improvvisano esperti e fanno a gara a fare previsioni e “sfottò” facilitati anche dal livello alcolico sempre un po’ altino.
Il Palio è tradizione, il consolidarsi di una serie di riti che aiutano a stare bene e tra quelli più sentiti ci sono senz’altro le colazioni e le cene nelle contrade, dove migliaia di persone mangiano in lunghissime tavolate di legno apparecchiate per strada, accomunate da un senso amicizia, da sogni e speranze comuni. Trascorrono giorni e giorni a cantare tutti insieme per le strade della loro contrada grandi e piccini, ricchi e meno ricchi, laureati e meno colti, tutti insieme a scambiarsi le infinite chiacchiere accompagnate da bevute fino a tarda notte. Perché la contrada è una grande famiglia, dove, anche durante tutto il resto dell’anno, i suoi appartenenti si dedicano ad essa come appunto ci si dedicherebbe ai propri familiari, lavorando, organizzando, e crescendo i propri figli nello spirito di comuità che solo un contradaiolo di Siena può respirare….e come si fa appunto in una vera famiglia, tutti lavorano e si impegnano per la gioia unica di essere utili alla propria contrada, senza guadagno alcuno di nessuna forma!
Questa atmosfera di famiglia culmina durante la cena della Prova Generale, quella che precede il Palio, in una tavolata di oltre mille persone; accanto a volti con cui hai condiviso gli anni più belli della tua vita. Il Palio è fatto di promesse, speranze, vibrazioni, di momenti e di attese che ti tolgono il fiato. Questa è la sua magia.
Il complesso meccanismo della festa raggiunge il suo compimento con lo scoppio del mortaretto che annuncia l’uscita dei cavalli dall’Entrone (l’ingresso alla corte del Palazzo Civico). Ma anche se i tre giri di Piazza sono senza dubbio il fulcro del Palio, non va dimenticata l’imponente sfilata (passeggiata storica come si chiama a Siena) composta da quasi settecento figuranti in costumi d’epoca (monture), che indossano orgogliosi i colori della propria contrada. Alfieri e tamburini accompagnano questo rito e si esibiscono in affascinanti giochi di bandiera. Tutto ciò è scrupolosamente controllato dai commissari che assegneranno un punteggio ad ogni contrada per l’assegnazione del Masgalano, ambito premio che andrà a chi meglio ha sfilato e sbandierato.
Ad ogni fantino viene consegnato un nerbo di bue con il quale potrà incitare il cavallo o ostacolare gli avversari durante la corsa. Il fantino, appena ricevuto il nerbo con il quale lotterà, di lì a poco, con tutte le sue forze, andrà davanti al palco delle comparse (coloro che hanno sfilato nella passeggiata storica per la propria contrada) e rinsalderà la promessa fatta la sera prima, durante la cena della prova generale nella contrada, bandendolo in segno di vittoria, davanti agli uomini che in quel momento rappresentano la contrada ed il giubbetto che lui indossa, giurando così che farà di tutto per riuscire a scendere il Palio, o Cencio, si dice a Siena e portarlo nella contrada per la quale corre.
Quindi si procede all’avvicinamento alla “mossa“, il punto dove vengono tesi due canapi tra i quali saranno chiamati ad allinearsi cavalli e fantini.
A stabilire l’ordine di ingresso ai canapi (partenza) ci pensa la sorte, mentre i cavalli passeggiano in tondino, a seguito di un emozionante quanto antico rito: i barberi delle contrade vengono messi in un fiasco e dopo averlo girato, l’ordine con il quale si dispongono nel lungo collo di bottiglia, rappresenta l’ordine di partenza. Il risultato, battuto a macchina, viene poi comunicato al mossiere con una busta chiusa e portata a mano da un vigile urbano che la tiene alta e ben visibile a tutta la piazza. Questo è il momento più emozionante, dopo giorni di festa, di canti e di baldoria, scende un silenzio surreale: nella piazza si sentono battere solo i cuori delle 40mila persone presenti dentro la conchiglia.
Il mossiere inizia a chiamare una ad una le contrade, lentamente, e ad ogni chiamata si levano dalla piazza urla di gioia o di disperazione per il posto assegnato. Le contrade vengono chiamate secondo l’ordine di estrazione.
Nove si posizionano fra i canapi, la decima, che sarebbe penalizzata partendo dalla parte alta della pista, quindi con notevole svantaggio rispetto a quelle più interne, parte di “rincorsa”. È la decima infatti che decide il momento della partenza, compito strategicamente importantissimo per tutte le dinamiche che vengono “complottate” prima, ma anche durante l’allineamento fra i canapi dai fantini stessi per facilitare la propria partenza e sfavorire la contrada avversaria (patti o “partiti” come si dice a Siena). Non a caso il mossiere è costretto diverse volte a far uscire i fantini fuori dai canapi e allora inizia un carosello fra i fantini i quali, uno alla volta si avvicinano alla rincorsa per “contrattare” il momento più favorevole. Se la partenza non sarà valida, uno scoppio del mortaretto fermerà i cavalli.
I minuti che intercorrono dentro ai canapi, prima della partenza, sono eterni per ogni senese, ma la tensione travolge chiunque incroci gli sguardi dei fantini intenti a trovare la migliore condizione di partenza, ma soprattutto dei cavalli eccitati dall’imminente corsa.
Il cavallo è il vero protagonista del Palio di Siena, può vincere anche scosso, cioè senza fantino, fiero, con la spennacchiera, è l’unico portacolori che non tradirà mai le speranze del suo popolo, il fantino può anche vendersi. Il cavallo, da quando viene assegnato alla contrada per estrazione con le ghiandine 3 giorni prima del Palio, viene coccolato da grandi e piccini e considerato un “RE” nella stalla della contrada insieme al barbaresco con il quale dorme insieme. Il primo pomeriggio del giorno del Palio, è forse il momento più emozionante, dove è difficile trattenere le lacrime, soprattuto durante la benedizione del cavallo da parte del sacerdote della contrada (detto correttore) che si conclude con l’esortazione “va’ e torna vincitore” implorata al cavallo.
I tre giri della corsa, quasi mille metri, trascorrono fin troppo velocemente, in poco più di 1min e 12 secondi (record) tra cadute spettacolari, parate, nerbate, ognuno riesce a cogliere un particolare, un’espressione, un gesto, uno sguardo rubato, che resterà per sempre nel cuore.
Il Palio è una parodia della vita, con le sue speranze le gioie e i dolori, è una battaglia dove uno vince e festeggia ed è padrone della città e chi perde “va a letto”, si dice a Siena! Al contrario di ogni altra competizione, alla fine della quale, esiste un podio dei primi tre, al Siena vince solo il primo arrivato e anzi, meglio arrivare ultimi che secondi, perché in tal caso, la contrada riceverà l’appellativo di “ripurgata”.
Appena tagliato il bandierino al terzo giro, il popolo della contrada vittoriosa festante travolge di gioia il cavallo ed il fantino. Insieme andranno a rendere omaggio, prima di iniziare la lunga notte di festeggiamenti, per il Palio di luglio nella chiesa di Provenzano e, per il Palio di agosto, nel Duomo dove intoneranno il Maria Mater Gratiae di ringraziamento alla Madonna. E’ così che nel Palio sacro e profano si intrecciano e diventano un unicum.
Da questo momento in poi, ogni occasione sarà buona per ricordare alla città la vittoria conquistata sul Campo, con canti e sberleffi, fino all’autunno, quando, tra il mese di settembre e i primi giorni di ottobre, nel rione vittorioso addobbato a festa, si svolgerà la “cena della vittoria” a cui parteciperanno migliaia di contradaioli e, al posto d’onore, il cavallo vittorioso, vero e proprio ammirato Eroe.
Il più grande cronista del Palio di tutti i tempi, Silvio Gigli, amava chiudere le sue indimenticabili cronache in radio e tv con ”Siena trionfa immortale” e lo sarà fino a quando lo vorrà il suo “popolo”, quel popolo che ha lottato per la sua libertà nella battaglia di Montaperti.
Nomi delle 17 contrade: Aquila, Bruco, Chiocciola, Civetta, Drago, Giraffa, Istrice, Leocorno, Lupa, Nicchio, Oca, Onda, Pantera, Selva, Tartuca, Torre, Valdimontone.
Il vocabolario del Palio: fazzoletto=foulard, zucchino=cap, giubbetto=casacca, cencio=drappellone dipinto, contrada=quartiere, scendere il cencio=andare a prendere il Palio vinto sotto al palco dei capitani, barbero=cavallo, barbaresco=colui che si prende cura del cavallo, ripurgato=perdente, montura=abbigliamento antico della contrada, alfiere=sbandieratore, braccialetto=lampioni dipinti delle contrade, bombolone=buon cavallo, brenna=cavallo scarso, canapo=fune, nerbo=frustino, stamburata=rullo di tamburi, cappotto=due vittorie consecutive nello stesso anno.
Dove Mangiare
Ristoranti
Il Mestolo ristorante di pesce
Alimentari
Il Dragoncello gastronomia di qualità
Alimentari Dù Cose da Berna un alimentari di qualità
Antica Salumeria Salvini ottimi salumi e ricette della tradizione
Dove Dormire
Casatorre dei Leoni Dimora Storica
Il Battistero Siena Residenza d’Epoca
Dove acquistare
Cantina del Brunello enoteca con etichette top
Momi Cappelli cappelli e accessori di moda
Cappelleria Bertacchi cappelli fatti a mano
Aloe & Wolf Vintage un archivio di vintage selezionato da collezione
Forno il Magnifico i migliori dolci senesi della tradizione
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Consorzio Agrario Siena miglior selezione salumi e formaggi locali
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Per il dopo cena:
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Note
Il miglior gelato:
Per gli appassionati di sigari:
Tabaccheria il Chiasso Largo
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